Giunsero sulle tracce del Borgomastro un attimo dopo un gruppo di boscaioli fattosi coraggiosi in nome dell’oro. Marek li aveva condotti nella foresta secondo la strada che lui conosceva, quegli altri dovevano avere più chiaro il posto di caccia preferito dal signore delle loro terre e giunsero prima nei pressi del suo cadavere e di quello dei suoi uomini.
Il terreno, una striscia di verde che tagliava in due il bosco correndo parallela ad un piccolo rivo, era illuminato d’argento. In quei pochi metri lottavano disperatamente quattro uomini armati di bastoni contro voraci mostri alati alti come un nano. Sul pontile di tronchi che cavalcava il fiume un uomo perse la vita, la mascella del mostro si era serrata sulle tempie del malcapitato con uno scatto ferreo e spietato. Il banchetto attirò qualcuna di quelle bestie. Senza pensarci troppo Marek e Valeria corsero in aiuto di quei malcapitati attirando l’attenzione delle besti su di loro. Fu uno scontro impari per numero, ma non per forze in campo, Marek era un feroce belva in battaglia, non lasciava scampo con la sua scure. Ad ogni graffio subito una creatura si abbatteva al suo senza vita. Il sangue macchiava ogni cosa, il norsmanno blocco col manico dell’ascia la mascella mortale di un mostro e dopo averlo allontanato con un calcio gli mozzo di netto il capo. Valeria era in difficoltà, spinta a terra dal peso dei suoni nemici cercava di evitare il peggio, feriva, a volte uccideva, ma i suoi nemici la soverchiavano in numero. Arraki ed Elnir le vennero in soccorso con i loro archi, ma non era semplice nella notte colpire quei mostri umanoidi dal capo oblungo, avvolti in una spessa pelliccia bianca. Alcune frecce slabbrarono la membrana delle ali, altre colpirono i torsi villosi, qualcuna uccise pure trovando la propria via nelle cavità oculari, ma fu Etienne a salvarli. Richiamò tutti nel riparo offerto dagli alberi, e quelli accorsero, mandando prima i boscaioli, poi i due arcieri e poi Marek e Valeria, schiena contro schiena. E Mentre i mostri cercavano la via annusando gli alberi, squarciando rami e mordendo l’aria, il giovane uomo della foresta cercò lo spirito della natura dentro di sé, chiese permesso al fuoco, alla terra, all’acqua ed in fine all’aria che crepitò tra le sue mani, i palmi paralleli si colorarono del blu d’una scintilla. Come la simpatia alchemica detta ed ordina così avvenne anche sul suolo, che una scarica elettrica rizzo alcuni ciuffi d’erba ed un istante dopo il tuono assordante e la luce accecante scossero il cielo e le anime, una saetta era caduta sulla terra per volere di Etienne, trafiggendo e scorticando i mostri in volo, incutendo loro il terrore che li portò lontano, indietro sulle montagne innevate da cui erano venuti.
Marek aveva ancora negli il piccolo fulmine che saettava tra le mani di Etienne mentre ogni cosa intorno era avvolta dal frastuono del cielo. Elnir conosceva da tempo il piacere che l’uomo dei boschi traeva da questo genere di cose e sorrise maliziosamente divertito per lo stupore ingenuo e provinciale dei suoi compagni di viaggio.
“Ti devo la vita Marek, se non mi avessi tirata in piedi tu alla fine quelli mi avrebbero ammazzata.”
“Non ci pensare, curiamo questa gente e noi stessi e poi capiamo cosa è successo qui”!
I Boscaioli tornarono al villaggio con i corpi dei propri caduti e del borgomastro, mentre i nostri si prepararono per affrontare la notte in quel letto naturale ancora coperto dell’ultima neve d’inverno.
All’alba trovarono delle tracce, era chiaro che un misterioso cavaliere fuggiva da un gruppo di inseguitori, (oppure li guidava?), che quella corsa era stata interrotta dall’arrivo del borgomastro e dei suoi i quali avevano ingaggiato battaglia con gli inseguitori, probabilmente nani, ma affiancati da qualche strana creatura quadrupede dalle falcate portentose. Il borgomastro aveva avuto la peggio, il cavaliere misterioso era fuggito solitario e il gruppo di aggressori, ferito si era ritirato verso nord, dopo aver sommariamente rimosso i propri dardi e altre possibili tracce.
Il tenace inseguimento portò sino alla valle del Leone, un territorio abbandonato da tempo, una valle stretta e angusta, tagliata in due da un fiume ripido e nervoso figlio di una cascata più a monte, in fondo alla valle, una cascata che esplode dalle fauci di una scultura di pietra mastodontica, forgiata dagli orchi che occupavano queste terre secoli addietro, prima che i nani li scacciarono. Una testa demoniaca, che per somiglianza e per paura gli umani addomesticarono chiamandola Leone, ma in effetti quella criniera e quelle fauci rappresentavano una creatura proveniente dal cuore stesso del Caos.
Il terreno, una striscia di verde che tagliava in due il bosco correndo parallela ad un piccolo rivo, era illuminato d’argento. In quei pochi metri lottavano disperatamente quattro uomini armati di bastoni contro voraci mostri alati alti come un nano. Sul pontile di tronchi che cavalcava il fiume un uomo perse la vita, la mascella del mostro si era serrata sulle tempie del malcapitato con uno scatto ferreo e spietato. Il banchetto attirò qualcuna di quelle bestie. Senza pensarci troppo Marek e Valeria corsero in aiuto di quei malcapitati attirando l’attenzione delle besti su di loro. Fu uno scontro impari per numero, ma non per forze in campo, Marek era un feroce belva in battaglia, non lasciava scampo con la sua scure. Ad ogni graffio subito una creatura si abbatteva al suo senza vita. Il sangue macchiava ogni cosa, il norsmanno blocco col manico dell’ascia la mascella mortale di un mostro e dopo averlo allontanato con un calcio gli mozzo di netto il capo. Valeria era in difficoltà, spinta a terra dal peso dei suoni nemici cercava di evitare il peggio, feriva, a volte uccideva, ma i suoi nemici la soverchiavano in numero. Arraki ed Elnir le vennero in soccorso con i loro archi, ma non era semplice nella notte colpire quei mostri umanoidi dal capo oblungo, avvolti in una spessa pelliccia bianca. Alcune frecce slabbrarono la membrana delle ali, altre colpirono i torsi villosi, qualcuna uccise pure trovando la propria via nelle cavità oculari, ma fu Etienne a salvarli. Richiamò tutti nel riparo offerto dagli alberi, e quelli accorsero, mandando prima i boscaioli, poi i due arcieri e poi Marek e Valeria, schiena contro schiena. E Mentre i mostri cercavano la via annusando gli alberi, squarciando rami e mordendo l’aria, il giovane uomo della foresta cercò lo spirito della natura dentro di sé, chiese permesso al fuoco, alla terra, all’acqua ed in fine all’aria che crepitò tra le sue mani, i palmi paralleli si colorarono del blu d’una scintilla. Come la simpatia alchemica detta ed ordina così avvenne anche sul suolo, che una scarica elettrica rizzo alcuni ciuffi d’erba ed un istante dopo il tuono assordante e la luce accecante scossero il cielo e le anime, una saetta era caduta sulla terra per volere di Etienne, trafiggendo e scorticando i mostri in volo, incutendo loro il terrore che li portò lontano, indietro sulle montagne innevate da cui erano venuti.
Marek aveva ancora negli il piccolo fulmine che saettava tra le mani di Etienne mentre ogni cosa intorno era avvolta dal frastuono del cielo. Elnir conosceva da tempo il piacere che l’uomo dei boschi traeva da questo genere di cose e sorrise maliziosamente divertito per lo stupore ingenuo e provinciale dei suoi compagni di viaggio.
“Ti devo la vita Marek, se non mi avessi tirata in piedi tu alla fine quelli mi avrebbero ammazzata.”
“Non ci pensare, curiamo questa gente e noi stessi e poi capiamo cosa è successo qui”!
I Boscaioli tornarono al villaggio con i corpi dei propri caduti e del borgomastro, mentre i nostri si prepararono per affrontare la notte in quel letto naturale ancora coperto dell’ultima neve d’inverno.
All’alba trovarono delle tracce, era chiaro che un misterioso cavaliere fuggiva da un gruppo di inseguitori, (oppure li guidava?), che quella corsa era stata interrotta dall’arrivo del borgomastro e dei suoi i quali avevano ingaggiato battaglia con gli inseguitori, probabilmente nani, ma affiancati da qualche strana creatura quadrupede dalle falcate portentose. Il borgomastro aveva avuto la peggio, il cavaliere misterioso era fuggito solitario e il gruppo di aggressori, ferito si era ritirato verso nord, dopo aver sommariamente rimosso i propri dardi e altre possibili tracce.
Il tenace inseguimento portò sino alla valle del Leone, un territorio abbandonato da tempo, una valle stretta e angusta, tagliata in due da un fiume ripido e nervoso figlio di una cascata più a monte, in fondo alla valle, una cascata che esplode dalle fauci di una scultura di pietra mastodontica, forgiata dagli orchi che occupavano queste terre secoli addietro, prima che i nani li scacciarono. Una testa demoniaca, che per somiglianza e per paura gli umani addomesticarono chiamandola Leone, ma in effetti quella criniera e quelle fauci rappresentavano una creatura proveniente dal cuore stesso del Caos.
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