mercoledì 13 gennaio 2010

ALBA DI SANGUE

La cittadella in mano agli orchi era ridotta ad un cumulo di macerie ad eccezione della rocca ducale. Nascosti tra gli alberi cresciuti pacificamente su di un pianoro alla sommità del versante opposto della valle, i nostri osservavano con rabbia quanto accadeva ad un miglio da loro. Dal passaggio accanto alla cascata, sullo stesso scosceso versante su cui si inerpicava la rocca emersero trenta orchi neri, una muta di cani bestiali ed un troll di caverna tenuto in catene. Un esercito si era allontanato solo poche ore prima ed una nuova seria minaccia arrivava ora a dare man forte a quelle bestie umanoidi che si nutrivano di cadaveri umani all’interno delle mura della cittadella.
Elnir guidò i suoi compagni nell’ombra lungo il fianco della montagna sino a giungere al fondo della valle. Ogni volta che la vegetazione e le rocce lo rendevano possibile Gandogar osservava non visto lo svolgersi degli eventi e vide. Vide gli orchi neri attaccare selvaggiamente gli orchi nella fortezza, li vide farsi largo tra le breccia lasciate dalle precedenti battaglie, oltrepassare le porte cadute e sfogare la loro violenta rabbia su quelli che, agli occhi del nano, erano i loro fratelli. La battaglia fratricida si concluse in breve con la decapitazione del capo orco che sino a quel momento teneva la rocca, l’esposizione dei cadaveri dei vinti dalle mura della fortezza e l’insediamento degli orchi neri a capo dei pochi superstiti avversari. Gandogar contò 25 orchi neri, 15 orchi, 12 cani ed un troll. Era abbastanza sicuro dei suoi conti ma non ne era affatto confortato.
Raggiunsero la valle a metà giornata, passare il ponte non fu semplice senza essere visti dalla fortezza e senza cadere nelle acque turbinanti del fiume, ma Elnir fu abile nel guidare il loro passi.
Il terreno era una poltiglia di fango e sangue, i cadaveri erano ovunque, disseminati tra gli alberi violentati dalla furia della battaglia passata. Quel bosco macabro fu il rifugio dei nostri mentre sceglievano le loro prossime mosse. Indossarono le pellicce degli orchi morti per confondere l’olfatto dei cani e decisero di entrare poco prima dell’alba, per aver il favore delle notte nell’avvicinarsi silenziosamente ed il favore del sole nel combattere. Prendere vivo il capo era piano di Elnir, la speranza era che paralasse una lingua nota e che sapesse qualcosa sull’invasione degli orchi sulle montagne.
Era giunto il momento, con una veloce ricognizione si era deciso che tentare l’ingresso da una breccia sul lato nord della fortezza sarebbe stata la cosa migliore, si sarebbero arrampicati sui camminamenti perimetrali, strisciando tra i cadaveri da torre a torre sino ad arrivare al perimetro interno, quello che proteggeva la rocca. Nella notte i nemici si erano disposti lasciando il troll nel cortile esterno, gli orchi vinti e i cani nel cortile del perimetro interno, 5 orchi neri di guardia sulle mura del perimetro interno e gli altri, compreso il loro capo all’interno della rocca. Gli orchi neri si sarebbero presumibilmente rivelati degli avversari difficili, oltre alla forza degli orchi avevano mostrato una certa intelligenza tentando di chiudere le breccia sulle mura e posizionando razionalmente le guardie.
La catasta di detriti che occultava la breccia scelta per entrare fu una benedizione per i nostri, li aiutò nella scalata sino ai camminamenti e li prevenne dallo sguardo del troll che si avvicinò incuriosito dal rumore che Gandogar aveva inopportunamente fatto salendo.
Strisciarono sino alla prima torretta, poi sino alla torre all’angolo nord-est, che sarebbe stato il loro ultimo rifugio nel caso in cui fossero stati scoperti, ragion per cui persero qualche minuto ad esplorarla e a chiudere gli accessi al meglio. Dall’ambiente al piano superiore osservarono il troll richiamato da un orco nero che trascinava un carretto riempiendolo di cadaveri caduti nel cortile esterno. Gli orchi neri si stavano già svegliano!
Era tempo di muoversi. Si mossero sino alla torre nord del perimetro interno. La porta era chiusa da una barra di legno all’interno, la bloccava, ma era anche l’unica cosa che la teneva in piedi. Arrakis la forzò senza alcun problema, ma la fretta li tradì e il pesante battente cadde all’interno con fragore. Immediatamente un orco di guardia sul versante ovest corse verso di loro. Non fu una battaglia semplice. Le frecce di Arrakis lo ferivano appena, Elrni era rimasto indietro e non aveva un tiro pulito. Etienne si concentro, pregando lo spirito della terra di aiutarlo. Gli occhi del giovane Druido furono attratti da un campanile pericolante all’interno del cortile esterno più a valle, la campana in piombo fuso al suo interno pendeva morta nel vuoto. Etienne inspirò profondamente e pregò il vento di spingere quel corpo inerte, di fargli suonare un ultimo salvifico rintocco.
Marek non riuscì a superare le difese del terribile avversario, fu solo grazie a Gandogar se la situazione volse a loro favore. Il nano afferrò la porta su cui stava l’orco e riuscì ad usarla come perno per farlo cadere, immediatamente gli fu addosso troncandogli di netto il braccio sinistro, l’orco reagì con rabbia ma la sua vittima fu Marek a cui strappò brandelli di carne con le sue formidabili mascelle. La campana oscillò una prima volta. Dopo aver ferito il norsmanno alla gamba l’orco nero riuscì a mettersi in piedi, pronto nonostante tutto ad affrontare i suoi avversari. All’esterno Elnir vide accorrere da est un altro orco nero attirato dalle grida del suo compagno. Il rumore dello scontro preoccupava tutti, da un momento all’altro tutte quelle bestie fameliche che occupavano il castello avrebbero potuto accorgersi di loro e sarebbe stata la fine. La campana oscillò di nuovo. Isidor non riusciva a dare una mano al Druido, ed era spaventato dalla violenza dello scontro, allora si concentrò su se stesso, sulla vita che pulsava nel suo corpo ed usò quell’energia come scudo per se stesso. Chiese alle mani della Dea di protegge il corpo di quel suo figlio. Elnir scoccò e l’orco nero cadde tramortito sugli spalti. L’orco nero tentò di colpire Marek ma questa volta il norsmanno era pronto, Gandogar colpì sicura la gamba del nemico ferendolo nuovamente ad un’arteria. La bestia urlò. All’esterno la campana suonò il suo primo rintocco ed il campanile non resse, l’intera struttura crollo in un fragore di polvere e pietra. Il viso si Etienne si rilassò e, all’intero, l’orco cadde per non rialzarsi più sotto gli occhi iniettati di sangue di Marek e Gandogar. Ora o mai più! L’attenzione degli orchi era tutta per il crollo, dovevano correre per raggiungere la torre successiva, il prossimo riparo!
Scattarno veloci più che si poteva, attenti a non farsi udire o scorgere, Marek finì l'orco tramortito da Elnir spezzandogli il collo. Ansimavano nervosi, non potevano correre anche se era la cosa che desideravano più la mondo in quel momento. A volte strisciavano, usando i corpi morti da giorni come nascondigli. Ultimo era il norsmanno, preceduto dal nano. Il metallo dell’armatura di Ganggar strideva nel silenzio senza alcuna pietà, un cane si girò inferocito abbaiando per denunciare il nemico, Marek in un lampo sollevò il nano e si getto nella sicura oscurità oltre la soglia della torre ovest, dove già erano entrati i suoi compagni.

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